Accessibilità 2025: la scadenza che (forse) stai ignorando e che potrebbe farti decollare

Il conto alla rovescia è ufficiale: dal 28 giugno 2025 tutti i siti e le app rivolti al pubblico dovranno rispettare le regole fissate dall’European Accessibility Act (Direttiva UE 2019/882). L’obiettivo è rendere il web usabile anche da chi ha disabilità permanenti o temporanee. Ma dietro la parola “obbligo” si nasconde un’occasione concreta per far crescere business e reputazione.
Indice
Perché riguarda (quasi) tutti
Che tu gestisca un e-commerce, una banca o una startup, l’European Accessibility Act riguarda praticamente tutti: l’unica eccezione stabile è per le micro-imprese con meno di 10 dipendenti e fatturato annuo sotto i 2 milioni di euro, e solo finché restano entro questi limiti. Considera che quasi un europeo su tre (26,8 %) convive con limitazioni che rendono difficile usare siti mal progettati: escluderli significa rinunciare a una fetta sostanziale di mercato. Se la tua azienda supera la soglia da micro-impresa, l’adeguamento diventa obbligatorio e, in Italia, le sanzioni per chi non si conforma vanno da 5.000 a 150.000 €, con la possibilità, nei casi più gravi, di sospensione del servizio: il conto alla rovescia è reale.
La nostra squadra sta già affilando le tastiere,
facciamo vedere al web chi sei!
Oltre la legge: un’opportunità di business
Se guardiamo ai numeri, l’accessibilità smette di essere un costo e diventa un moltiplicatore di risultati: in Europa parliamo di circa 135 milioni di persone con disabilità, quasi un quarto dell’intero bacino di utenza.
PayPal ad esempio rileva che più di un cliente su quattro abbandona l’acquisto quando la navigazione si complica, soprattutto da mobile, e le analisi Baymard parlano di un tasso medio di abbandono carrelli che sfiora il 70%. Rendere un sito fruibile paga: dopo aver riprogettato il proprio e-commerce pensando anche agli utenti ipovedenti, Tesco ha portato le vendite online a 13 milioni di sterline l’anno. E non è solo questione di conversione: codice pulito, descrizioni alternative e struttura chiara, necessari per rispettare lo standard EN 301 549/WCAG 2.1, aiutano i motori di ricerca a comprendere meglio i contenuti con effetti diretti sul ranking. Non a caso, gare pubbliche e contratti B2B inseriscono ormai clausole stringenti sull’accessibilità: chi è conforme parte avvantaggiato, chi non lo è rischia di restare fuori dai giochi.
Accessibilità in tre mosse: dal check lampo al sito a prova di sanzioni
Il percorso parte da un mini-audit di realtà: una scansione semi-automatica, affiancata da un rapido check manuale, mette subito in luce gli “ostacoli parlanti” – testi con poco contrasto, descrizioni mancanti, pulsanti che scompaiono quando usi il tab.
Con l’elenco delle priorità in mano, si passa a piccoli sprint ad alto rendimento: si correggono per primi i blocchi più evidenti (colori, form, focus da tastiera) integrandoli nei normali rilasci, senza rivoluzioni monstre né team da 30 sviluppatori. Ultimo tassello, la trasparenza che rassicura: pubblicare e aggiornare ogni anno la dichiarazione di accessibilità dimostra impegno reale e riduce al minimo il rischio di sanzioni.
In concreto, un sito accessibile è un sito che:
- Si legge bene: testi nitidi, ingrandibili senza rotture di layout.
- Si ascolta bene: descrizioni delle immagini per chi usa screen reader.
- Si usa bene: tutto raggiungibile da tastiera, link e bottoni con focus visibile.
Questi principi derivano dallo standard EN 301 549 (che applica le WCAG 2.1 a livello europeo), ma qui basti ricordare che riguardano soprattutto usabilità e chiarezza.
La nostra squadra sta già affilando le tastiere,
facciamo vedere al web chi sei!
Accessibilità post-2025: il vantaggio competitivo che ti aspetta
Le gare pubbliche e i contratti B2B chiedono ormai prove concrete di accessibilità. Chi presenta una dichiarazione conforme supera subito i filtri di pre-qualifica, mentre chi non l’ha ancora fatta rischia di restare escluso dalle trattative.
In Italia l’AGID può intervenire su segnalazione degli utenti: parte un’ispezione, arriva la diffida e restano poche settimane per rimediare. Se non ci si adegua in tempo, scattano multe salate o – nei casi più gravi – la sospensione del servizio online.
Chi si muove in anticipo, invece, trasforma la “compliance” in leva di crescita. Con il sito già allineato agli standard, può dirottare budget dalla corsa agli adempimenti verso campagne di acquisizione, beneficiando anche di una reputazione inclusiva premiata nei rating ESG.
Adeguarsi non richiede rivoluzioni. Un audit rapido individua i blocchi principali: si correggono in piccoli sprint, si pubblica la dichiarazione di accessibilità (da aggiornare ogni anno) e si riparte. Il ritorno? Più utenti, più fiducia, più conversioni.
Hai poco tempo prima del 28 giugno? Parliamone ora: insieme possiamo trasformare una scadenza normativa in un vantaggio che la concorrenza farà fatica a recuperare.